Il termine disforia deriva dal greco e significa “difficoltà di sopportare” nel nostro caso difficoltà di sopportare il proprio sesso biologico. In altre parole il soggetto si identifica con il sesso opposto e tutto ciò comporta una condizione emotiva di stress e di estraneità. La disforia di genere non deve essere confusa con l’orientamento o l’identità sessuale che definiscono invece da quale sesso è attratto il soggetto.
La disforia in età evolutiva è un tema complesso, l’identità è ancora in via di formazione e una diagnosi può non essere definitiva, la situazione infatti potrebbe evolversi durante l’adolescenza o l’età adulta.
Le prime avvisaglie potrebbero manifestarsi nel periodo compreso fra i 2-3 anni o nell’intervallo fra i 3-5 e il decorso potrebbe non essere continuo.
Il bambino solitamente si sente intrappolato in un corpo che non riconosce, manifesta scontentezza e disagio per il proprio sesso, prova emozioni negative nei confronti dei propri genitali, tende ad assumere i comportamenti dell’altro sesso (le femmine fanno pipì in piedi come i maschietti, ci si veste in maniera opposta al proprio genere d’appartenenza, si rifiutano tutti i giochi e le attività tipiche del sesso biologico).
Questo non significa che se un bambino gioca con le bambole necessariamente si identifichi con le femmine e soffra di un disturbo dell’identità di genere.
I genitori comunque devono lasciare i propri figli liberi di esprimersi, non devono assumere atteggiamenti svalutanti, punitivi o indurre sentimenti quali la vergogna. Piuttosto devono appoggiarsi ad un centro specialistico, perché un équipe formata da psicologi, neuropsichiatri, endocrinologi, accompagni in questo percorso non solo il bambino, ma anche le figure parentali.
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