Articolo apparso il 4 ottobre 2018 sul Corriere della Sera - parlano di noi.
Una classe di 29 studenti, dove quasi un ragazzo su due ha disturbi dell’apprendimento con tanto di certificato che li attesta. Succede all’indirizzo socio economico del liceo Virgilio di Milano: nell’istituto la quantità di alunni con difficoltà è elevata anche in generale (183 su 1.845), ma in quell’aula si è verificato il caso limite. «Il problema principale è il numero di allievi totali in una sola stanza, 29 sono difficili da gestire — osserva il dirigente Roberto Garroni —. A questo si aggiunge la quantità eccezionale di ragazzi che richiedono strumenti compensativi particolari. Ma sotto questo profilo potrebbe anche risultare un esperimento vincente». La scuola fa il possibile: sulla classe è stata spostata un’insegnante esperta di disturbi dell’apprendimento, una delle poche a Milano con formazione specifica. Si utilizzano mappe concettuali e si studia con la famiglia il percorso adatto, talvolta con il supporto di terapie esterne. Del resto, conclude Garroni, «era impossibile fare diversamente: per l’indirizzo socio economico ci sono solo due sezioni e nell’altra si insegna una lingua straniera diversa».
Un caso speculare succede a Carugate dove un ragazzino di seconda media, con disturbo neurologico Bes (dislessico certificato), è protagonista suo malgrado di un braccio di ferro tra la preside e i suoi genitori. In sintesi l’anno scorso l’alunno — che frequentava i corsi in un paese diverso dell’hinterland — aveva studiato spagnolo, spostandosi a Carugate aveva chiesto naturalmente la stessa lingua. Per tutta risposta, è stato inserito invece nella classe di francese. «Già per un adolescente senza particolari diagnosi cambiare in corsa lingua straniera è un disagio sia a livello didattico sia a livello psicologico, se c’è un disturbo dell’attenzione la difficoltà è doppia se non tripla — considera la psicomotricista Paola Chiesa, esperta di Bes —. Non è utile aggiungere ostacoli, in particolare nell’ambiente scolastico dove il confronto con i compagni di classe è diretto e possibili frustrazioni eccessive sono dietro l’angolo». I genitori, assistiti dalla Federazione Gilda, hanno scritto anche all’Ufficio scolastico regionale, ma la preside per ora non ci ripensa. E non sposta il ragazzino: «Siamo saturi come scuola, l’unica classe dove avevamo disponibilità di inserire studenti era quella di francese e i genitori lo sapevano», risponde sul tema.
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