Il periodo che stiamo attraversando, come già più volte abbiamo avuto modo di sottolineare, sta minando l’equilibrio emotivo e psicologico di tutta la popolazione e, seppur chiusura ed isolamento siano necessari per salvaguardare la sicurezza sanitaria degli italiani, impedendo la diffusione del virus, il lockdown ha un “prezzo da pagare” che per bambini ed adolescenti è spesso più alto che per altri. La didattica a distanza, il rapporto differito con il gruppo classe, con maestre e professori, l’impossibilità di correre al parco con amici e compagni, li ha sicuramente penalizzati. In sintesi possiamo affermare che si sia alterato il loro equilibrio emotivo e il loro ritmo di vita. La loro quotidianità ha assunto una forma distorta che li destabilizza.
Vediamo nello specifico quali sono i disturbi più comuni a seconda delle diverse fasce d’età.
Bambini fino ai 6 anni: manifestano irritabilità, insicurezza, instabilità, disturbi comportamentali, ansia da separazione, deficit dell’attenzione, angoscia, difficoltà del sonno, paura del buio. In pratica abbiamo una regressione a stadi evolutivi antecedenti. A quest’età i piccoli hanno bisogno di conservare la loro routine per sviluppare sicurezza e solidità. I cambiamenti generano confusione, ansia, disagio emotivo.
Bambini dai 6 ai 12 anni: anche in questo stadio evolutivo si registrano angoscia, stress, disturbi del sonno, scarsa attenzione, irritabilità, disturbi da disregolazione dell’umore, tristezza. Una delle paure più diffuse riguarda non tanto la propria salute, quanto quella dei genitori. Vi è una maggior richiesta di contatto fisico con le figure parentali, quasi a compensare la mancanza di contatto sociale, emotivo, fisico e relazionale che stanno sperimentando. La Dad inoltre ha deprivato i nostri studenti di quell’esperienza sensoriale ed emotiva che deriva dalla quotidianità scolastica, dal preparare la cartella, dall’ uscire per tempo, dall’incontro con i compagni. Tutte esperienze che aiutano il potenziamento delle competenze sociali.
Adolescenti: in tanti manifestano noia, apatia, depressione, mancanza di stimoli, angoscia, cambiamenti del tono dell’umore, senso di affanno, alterazione del ritmo sonno-veglia: vanno a letto molto più tardi e fanno fatica a svegliarsi, anche perché hanno meno fretta rispetto a quando la didattica si svolgeva a scuola. Ora basta accendere il computer, verificare la connessione e infilare una felpa per essere pronti alle lezioni. Tutto questo però a discapito di sentimenti quali: complicità, rispecchiamento, spirito di gruppo, interazioni fondamentali per il corretto sviluppo cognitivo- emotivo e sociale dei ragazzi. La Dad inoltre incrementa noia, disattenzione, incapacità di stare al passo con la lezione.
Sono aumentati i casi di suicidio o tentato suicidio e gli episodi di autolesionismo.
Il professor Stefano Vicari ha sottolineato alcune differenze fondamentali nelle reazioni dei ragazzi al primo lockdown rispetto al secondo. L’anno scorso si è registrata una maggior disponibilità a vivere le norme restrittive, gli studenti hanno vissuto la chiusura delle scuole come una sorta di “vacanza”. La presenza dei genitori ha dato anche una specie di “sicurezza” di “garanzia”, uno scudo di protezione. La chiusura delle scuole di quest’anno invece non è sempre coincisa con il lavoro in smart working dei genitori e i ragazzi si sono sentiti più soli, meno protetti, abbondonati a se stessi.
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